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domenica 28 settembre 1997

Val di Zocca 1997, vie nuove


Ad inizio agosto del 1997, mentre festeggiamo il mio compleanno al Rifugio Allievi-Bonacossa, parte l'idea di metterci ad aprire vie moderne spittate nei luoghi dove l'alpinismo classico non era ancora passato. Complici due mesi di bel tempo, io e Giovanni Ongaro restiamo in villeggiatura al rifugio con il nostro potente trapano "modificato". 
Nascono così le vie che ora sono tra le più ripetute della zona.


L'articolo che scrissi per la Rivista della Montagna:

PROLOGO PERSONALE
Un settembre così non si vedeva da qualche anno. Mentre lo scorrere della stagione avvicina le date alla fine dell’estate e alla chiusura del rifugio, siamo quasi abbrustoliti da un sole sempre più implacabile. La squadra è al lavoro sulla parete e Giovanni sta perforando la roccia per piantare il quattrocentosettantottesimo spit del bimestre. Sono ormai due mesi che saliamo su e giù da questo rifugio per lavorare, non più come Guide Alpine ma come “apritori di vie belle e ben chiodate”. Erano tre anni che non piantavo uno spit e chissà quale molla mi ha indotto a progettare e realizzare un’opera di questo genere. Forse la comodità del rifugio, con la birra alla spina, gli spazi larghi e il gelato come dessert. Forse tutto quello che mi ripetevano gli arrampicatori che salivano quassù: “questa valle diventerebbe un grande regno del granito”. O forse è solo la voglia di evadere un poco da tutti quei principi etici che ho sempre sostenuto e applicato fedelmente. Credo che alla fine dei conti avevo semplicemente voglia di provare anche questa sfumatura del moderno alpinismo.



DAL BONACOSSA AL DIAVOLO
Accanto alla storica capanna Allievi, da una decina d’anni sorge questa costruzione dedicata al più grande esploratore delle creste e cime del Masino, Aldo Bonacossa. Come nelle belle storie alpinistiche, anche il Bonacossa è uno di quei personaggi che ha messo un occhio o una mano su ogni parete, spigolo, dente e torrione degno di un’occhiata, principalmente intorno ai primi anni trenta. Era finito il periodo delle prime salite delle montagne della zona, compiute dalle Guide più attive dell’epoca e dai loro ricchi clienti, nomi come Bortolo Sertori, Giulio Fiorelli, Christian Klucker, il Baroni. In questa valle, una delle tante che ha minuziosamente esaminato, il nome del Conte Bonacossa lo leggiamo inizialmente sulle dentellate creste della Cima di Zocca oppure sulle remote pareti e canali della Cima di Castello. Si legò in cordata con diversi fortissimi dell’epoca, indicandoli i problemi e accompagnandoli nel loro tentativo di risolverli. Con Castiglioni salì una via mai più ripetuta sulla Est della Punta Rasica mentre con Negri e Bramani risolse sulla stessa cima quella che oggi è una delle vie più classiche, la lunga cresta Sudovest. Ancora lui e Negri per la corta ma bellissima cresta Sudovest del Torrone Occidentale mentre l’anno precedente, nel 1934, i due si erano aggregati al “fortissimo” Gervasutti per il grande spigolo della Punta Allievi, quello che sovrasta il rifugio e che sarebbe divenuto in seguito la via più conosciuta della zona. E’ del 1936 la prima edizione della “Guida dei Monti d’Italia”, nel quale il Bonacossa riassunse tutto questo periodo di scoperta. Negli stessi anni fu in azione il giovanissimo e ardito Agostino Parravicini che diede un saggio della sua bravura sull’ostica e difficile parete Sudest della Quota 3228. Purtroppo il giovane cadde pochi giorni più tardi nel tentativo di salire l’inviolato spigolo Sudest del Torrione di Zocca, la via che in seguito verrà dedicata alla sua memoria. E furono i lecchesi a omaggiarlo di questo atto. Il “Boga”, Tizzoni e Cazzaniga salirono nel 1937 per quel verticale spigolo, tanto evidente con i suoi tre salti consecutivi. Sempre il “Boga” e Tizzoni avevano da poco risolto anche una delle più imponenti pareti della valle, la Est della Punta Allievi, lungo l’unica fessura possibile che percorre il liscio settore inferiore. Successivamente a queste splendide realizzazioni, un vuoto riempì la vallata e la nostra storia riprende dagli inizi degli anni cinquanta, con la visita di un “grande” come Walter Bonatti, nel 1953, che tuttavia portò alla nascita di due vie di minore interesse, sullo sperone Nordest del Torrione di Zocca e sulla parete Sudovest del Picco Luigi Amedeo. Nel 1955, con la riuscita di Corti e Osio sulla liscia e severa parete Sud della Cima di Castello, si cominciò ora a pensare seriamente ai problemi più “proibitivi”, contemporaneamente alle incredibili salite di Nusdeo, Taldo, Ajazzi e Pizzoccolo nella parallela Val Torrone, sul Picco Luigi Amedeo e sulla Punta Ferrario. Del 1967 è il verticale pilastro Est della Punta Allievi, con forti difficoltà in artificiale, opera di Nardella, Speckenhauser, Parolo e Piasini. Sempre lo specialista Nardella si cimentò poi con una diretta sulla parete Est del Torrione di Zocca, risolta con grande uso di chiodi e due bivacchi. In Val di Zocca comparvero anche gli scalatori inglesi, già specialisti dell’arrampicata libera, e il loro segno venne lasciato su diverse pareti e speroni ancora da esplorare. La loro "Via della Speranza", sul Pilastro Sud della Cima di Castello, rimase per molti anni uno dei più impegnativi banchi di prova dell’arrampicata in quota nel Masino. Senza dimenticare la bellissima salita di Erba e Fumagalli sulla Est della Punta Allievi e la riuscita dei Sondriesi sulla via centrale alla Quota 3228, giungiamo così alle porte degli anni ottanta e al famoso periodo del “Sassismo”. Anche qui le correnti di novità portate da questi ragazzi ebbero un valido terreno di gioco e con queste nuove spinte l’arrampicata libera trovò uno sbocco nel favoloso diedro dei “Soli di Ghiaccio” sulla Costiera dell’Averta, salito nel 1982 da Miotti e Merizzi. Fu una delle primissime vie risolte in funzione dell’arrampicata libera, dove non importava tanto il “salire” ma il “come salire”. Il settimo grado giunse sulle pareti più in quota del Masino. Ancora nei primi anni ottanta va ricordata l’incursione dei fortissimi cecoslovacchi, autori tra l’altro di una delicatissima e ancora irripetuta diretta al Pilastro Sud della Cima di Castello. E la storia successiva si avvicina ai giorni nostri, periodi di spit ma anche periodi di belle realizzazioni classiche. L’opera di D.Galbiati e compagni, con l’uso di pochi spit, ha permesso di tracciare quattro belle vie nuove sulla Punta Allievi, una sulla Quota 3228 e, più recentemente, una difficile linea moderna sul filo del pilastro della Cima di Castello, “Mamma Luisa”. Altre generazioni si sono affacciate sulle creste della valle, dopo aver disegnato alcune linee moderne dove l’uso dello spit non è mai stato sistematizzato. Nomi come Tarcisio e Ottavio Fazzini, Vitali e altri ancora. Più sul classico si dedicano le guide “Kima” Marchetti e Jacopo Merizzi, scopritori di altre belle possibilità sulle pareti meno battute. In ultimo troviamo Luca Maspes che, con diversi compagni e dopo un’intensa attività solitaria sulle vie più difficili della zona, è l’autore di una serie di belle vie, moderne e tradizionali, su tutte le pareti, fra le quali ricordiamo la difficile e spettacolare “El Diablo” al Pizzo Torrone Occidentale.
Una storia che finisce qui?

Giò Ongaro durante il primo tentativo a "Staphilococcus",
sotto il grande tetto che poi passammo più in basso durante il completamento della via.

ZOCCA 2000 
A luglio ci ritroviamo sul monolitico e squadrato pilastro di destra della Punta Rasica. Con me e Giovanni c’è il “bocia”, il sedicenne Giordano in cui rivedo le passioni della mia infanzia. 
Saliamo lungo le lame e fessure finché un’aggettante spaccatura a poche decine di metri dalla fine ci obbliga alle calate e al rimorso di non aver con noi i friends più grandi. 
Ancora non sapevamo cosa avrebbe rappresentato per noi quell’itinerario...
La nostra vera storia estiva si apre al principio d’agosto, quando effettivamente decidiamo di dare un occhio alle rocce più belle della zona. E con CARMELA inizia l’avventura nel mondo del “chioda per gli altri, non per te!”. Subito a sinistra proseguiamo con un altra bella linea di placche e muretti che dedico ad uno dei piaceri che mi concedo ogni sera in rifugio, il GELATO AL BONACOSSA. Dieci lunghezze di corda per due vie che contano già diverse ripetizioni, complice il brevissimo avvicinamento e ovviamente la buona chiodatura. Dal nostro diario una bella faticata e una dura lotta con i trapani mal funzionanti, afflitti da malanni che risolveremo più avanti.
Successivamente, il lavoraccio e il cambio di batterie ci obbliga ad un ritorno alla più pura tradizione alpinistica. Già da anni osservavo il problema della via diretta alla Sudest della Quota 3228 ed il giorno di ferragosto lo risolviamo “quasi” brillantemente, con una leggera deviazione nella parte finale. Lunghi tratti sprotetti, fessurine e lamette delicate, verticalità e nessuna possibilità di nascondere le proprie paure dietro una piastrina, poichè non le abbiamo volute con noi... Questi però sono MONDI SOMMERSI, dalle esigenze di chi arrampica per divertirsi e di chi sta ben lontano da questo modo di intendere l’alpinismo, anche se più classico di quello attuale. Tre giorni più tardi, con il cuore e la morale in pace per aver rispolverato alla grande la tradizione, ritorniamo ai trapani con gli auguri di BUON COMPLEANNO al “colonnello” Ugo, il gestore del rifugio. A lui è dedicata questa torretta rocciosa sorretta da una placconata dove trova posto anche LA CASA DEGLI STAMBECCHI. Ma gli stambecchi a volte si spostano più a destra, alla base di quel pilastro di tetti e placche dove trovano il buco roccioso con il sale lasciato da Ugo. E qui ci divertiamo a pochi metri dal loro branco, contornando LA CUEVA e violando il suo grande strapiombo.
Intanto i nostri saliscendi dal rifugio continuano, a volte omaggiati da un panoramico e comodo giro in elicottero con l’acrobatico pilota argentino Giorgio. Alcuni amici lo continuavano a ripetere: “ma perché non attrezzate una più comoda e sicura discesa dal Torrione di Zocca?”. La decisione è veloce, come lo sarà l’avvicinamento motorizzato. Due spirali dello spericolato pilota mi rispediscono la colazione verso la bocca e quando siamo scaricati in cima al Torrione mi sento decisamente più a mio agio, come quelli che eviteranno il canalaccio di sassi pericolanti e decideranno di calarsi dalla nostra nuova linea di doppie. Il giochetto si ripete al Picco Luigi Amedeo, dove riattrezziamo le vecchie e insicure calate, non prima di aver tracciato una nuova e aerea linea sullo SPIGOLO SUD, a cavallo tra la Val di Zocca e quella del Torrone. Qui i ricordi sono per Guido e il suo femore rotto, complice una brutta caduta nel 1994 mentre già tentavamo questo spigolo.
Ritornando al rifugio, dopo l’ennesima scorpacciata di granito, appare la Sud della Punta Rasica e una sequenza di placconate rosse mai violate da nessuno. Per due giorni ci immergiamo in questo lungo viaggio e quello che ne verrà fuori sarà un omaggio al ricordo di LADY D. Una futura grande classica? Probabilmente lo diventerà e così potrà entrare nella TOP TEN che abbiamo inneggiato sulla Costiera dell’Averta, altro lavoretto di due giorni cercando di non superare e non obbligare l’ostico settimo grado. Non passa un giorno e lo stabile e incredibile tempo di questa stagione ci obbliga alla ricarica delle batterie nostre e di quelle del trapano, ora soprannominato “mostro”. Passiamo una bellissima giornata sulla Gran Placca, in calzoncini e maglietta, in compagnia di una roccia perfetta e delle prodezze equilibristiche di Giò su DOLLY e sulla vena verticale del serpente, SNAKE.
La mia ultima discesa e la mia ultima risalita in rifugio, dopo una trasferta ad occidente dall’amico Motto. Un breve soggiorno in Val di Zocca, l’allettante sogno del granito vergine e il sole sempre splendente, sono giochi ai quali deve partecipare anche l’attivissimo apritore dell’Ovest. Manlio e Gisa ci raggiungono nell’ultima settimana di apertura del rifugio e le danze si riaccendono. Per molte ore ci impegnamo sulla torre che dedichiamo a Gisa, un monolite isolato incastrato nei pilastri rotondeggianti della Cima di Zocca. Il primo sale chiodando, il secondo assicura e il terzo pulisce accuratamente la via da ciuffetti d’erba e lastre instabili; la picozzina che stiamo utilizzando per la pulizia copre un ruolo determinante e per un attimo immaginiamo a quante vie erbose potremmo cambiare aspetto con lavori simili. Forse sarà il futuro? Non più richiodare ma ritrasformare una dimenticata via di roccia erbosa e friabile in un itinerario pulito e apprezzabile. Tornati a noi, nel tiro chiave un friend spinge il pilastrino sul quale si trova il capocordata ed è così che Motto si trasforma in un M’OTTOVOLANTE. Ventiquattr’ore dopo decidiamo di scarabocchiare il libro del rifugio con una serie di “prime”. Parte Motto in prima solitaria e in prima ripetizione parziale, sulla linea che dobbiamo ancora completare sul Torrone occ.. Dietro ci siamo noi con il trapano carico, e alle nostre calcagna salgono Gisa e Maura per la prima femminile (e anche prima ripetizione completa). Alle ultime luci del sole le risate continuano per la storiella odierna e in cima alla cresta l’ordine d’arrivo annuncia me e Giò come primi salitori, Maura e Gisa come primi ripetitori (anche prima femminile e perché no, prima rotpunkt...) e Manlio come primo solitario, per un attimo anche primo salitore in occasione di una consulenza finale sul dove far uscire questa linea di spit. GURONSAN è il suo nome e anche la droga che mi ha permesso di non sentire la fatica di tante giornate  in sequenza sulle rocce.
Siamo esultanti intorno al grande ometto che costruiamo in cima, indicazione anche della più comoda discesa dalla Ovest del Torrone. 
Ci manca un tassello, quella fessura larga 20 centimetri sulla Rasica impone un ritorno per combattere contro quello STAPHILOCOCCUS che ha bloccato a casa l’amico Giordano. E’ l’ultimo giorno e per sigillare il tutto è anche il giorno più caldo. Manlio e Giò partono prima, per sistemare i tiri che avevamo già salito in luglio. Due ore dopo sono dietro con Gisa, con una gran voglia di scaricare la mia felicità sulle fessure e diedri di questo gioiello. Alle sei di sera ecco la super-fessura e un Manlio ricaricato dopo lo strappo al braccio di questa mattina. Quei cinque o sei metri rappresentano una cosa unica, ingradabile e straordinaria, il segno dell’amicizia tra me, Giò, Manlio, Gisa e tutti quelli che ci hanno aiutato e sono stati compagni in questa fantastica fine dell’estate. Ora quegli ultimi metri rappresentano anche un biglietto staccato per la prossima stagione, quando i giochi andranno ancora avanti e i nostri occhi scopriranno altre nuove idee, da spittare o no poco ci importa...

CIMA DI ZOCCA (3175 m) - struttura del “Rombo di Zocca” - parete Est

Carmela
(A.Filiberti, G.Maspes, G.Ongaro - 3-8-97) - 100 m - 4 L
6b (6a obbl.) - chiodatura a spit-fix m8 - soste attrezzate
portare 1 corda 50 m. e 6 rinvii
Corta via sportiva su placche perfette che sale la grande placca sotto
lo strapiombo che taglia a metà la struttura del Rombo di Zocca.

Gelato al Bonacossa 
(G.Bruno, G.Maspes, G.Ongaro - 5-8-97) - 180 m - 6 L
6b (6a obbl.) - chiodatura a spit-fix m8 - soste attrezzate
portare 2 corde 50 m., 8 rinvii, qualche nut e friends medi
Più varia, più lunga e meno sostenuta di “Carmela”.
Alterna belle placconate a cristalli e tacche con brevi muretti.
Palestra Kima
A dieci minuti dal rifugio, sono state attrezzate nel 1994 e negli anni a seguire
una serie di belle vie da 1 a 2 tiri chiodate a spit e fix 8 e 10mm, con maillon e moschettoni di calata.
Difficoltà: dal 3+ al 7a, in prevalenza 5/6a.
Arrampicata varia con difficoltà crescente, più tranquilla sulle placche appoggiate del settore destro (alcune vie facili per principianti ben chiodate), più difficile e sportiva nel muro sinistro. Tutti i nomi delle vie sono scritti alla base.
Per alcuni itinerari del settore centrale calate da 30 metri, necessarie 2 corde oppure una corda da 60 metri, in ogni caso è sempre possibile scendere a piedi, dalla cima della struttura verso dx.
Alcune vie in fessura sono state lasciate da proteggere.

PUNTA VITTORIA - struttura della "Gran Placca"

Dolly
(G.Maspes, G.Ongaro - 10-9-97) - 120 m - 4 L
6b (6a obbl.) - chiodatura a spit-fix m10 - soste attrezzate
portare 2 corde 50 m., 8 rinvii, qualche nut e friends medi
Roccia perfetta e atletico tiro finale.

Snake + Snack Cross 
(G.Maspes, G.Ongaro - 10-9-97 + O.Brambilla e C. 1990) - 90 m - 2 L
6b (6a obbl.) - chiodatura a spit-fix m10 (1 L) + 2 chiodi (2 L) - soste attrezzate
portare 2 corde 50 m., 8 rinvii, friends medi
Primo tiro su muro verticale a cristalli e funghi, poi splendido diedro in dulfer.
PUNTA RASICA - parete Sud

Lady D
(G.Maspes, G.Ongaro - 31-8-97) - 450 m - 11 L
6b (6a obbl.) - chiodatura a spit-fix m10 - soste attrezzate
portare 2 corde 50 m., 10 rinvii, qualche friend
Una futura grande classica dell’arrampicata moderna in Val di Zocca.
Splendide placconate, muretti e tettini, fessure e torrette staccate, il tutto ottimamente chiodato.
Birra alle 7 di sera in cima a "Lady D" dopo la prima salita
Costiera dell'Averta, parete Est - Quota 2585

Top Ten 
(G.Maspes, G.Ongaro - 9-9-97) - 340 m - 8 L
6a+ (5+/6a obbl.) - chiodatura a spit-fix m10 - soste attrezzate
portare 2 corde 50 m., 10 rinvii, qualche friend
La via supera le placconate del lato destro della parete.
Roccia compattissima nei primi tiri, poi più articolata.
La chiodatura è a spit-fix m10, abbastanza ravvicinata.

Picco Luigi Amedeo

Spigolo Sud 
(G.Maspes, G.Ongaro - 20-8-97) - 230 m - 6 L
5+/6a (5+ obbl.) - chiodatura a spit-fix m10 - soste attrezzate
portare 2 corde 50 m., 7 rinvii, serie di friends
Una delle vie più facili per arrampicare sul Picco.
Arrampicata varia e linea elegante sul filo dell’aereo spigolo che separa le due valli.
Torrone Occidentale, parete Ovest dell'Avancorpo

Guronsan
(G.Maspes, G.Ongaro - 18-9-97) - 400 m - 9 L
5+ (obbl.) - chiodatura a spit-fix m10 - soste attrezzate
portare 2 corde 50 m., 9 rinvii
Difficoltà media e omogenea per questa bella linea di placche che supera per intero
la compatta parete dell’Avancorpo del Torrone. La più accessibile tra le vie lunghe aperte nel 1997.
PUNTA VITTORIA - "Torre Ugo"

Buon Compleanno 
(G.Maspes, G.Ongaro - 18-8-97) - 100 m - 4 L
6a (5+/6a obbl.) - chiodatura a spit-fix m10 - soste attrezzate
portare 1 corda 50 m., 5 rinvii
Arrampicata in placca per le prime 3 lunghezze, poi un divertente
tiro finale permette di raggiungere la sommità della piccola torre.

La Casa degli Stambecchi 
(G.Maspes, G.Ongaro - 18-8-97) - 80 m - 3 L
5+ (obbl.) - chiodatura a spit-fix m8 e m10 - soste attrezzate
portare 1 corda 50 m., 7 rinvii
Più facile della via di sinistra. Belle placche lavorate.

PUNTA VITTORIA - "Pilastro Stambecco"
La Cueva 
(G.Maspes, G.Ongaro - 30-8-97) - 140 m - 4 L
6c e 2 p.a. (7a/b ?) (6b+ obbl.) - chiodatura a spit-fix m10 - soste attrezzate
portare 2 corde 50 m., 7 rinvii, friends micro e piccoli
Sale lungo una striscia di placche interrotte da tetti e muri verticali.
Spettacolare il secondo tiro che supera il grande strapiombo da sinistra verso destra.
CIMA DI ZOCCA (3175 m) - “Torre Gisa” - parete Sud

M’ottovolante 
(G.Maspes, M.Motto, G.Ongaro - 16-9-97) - 220 m - 6 L
6c (6b obbl.) - chiodatura a spit-fix m10 inox - soste attrezzate
portare 2 corde 50 m., serie di friends e nuts
Itinerario moderno abbastanza attrezzato ma con alcuni tratti in fessura da proteggere.
Difficoltà sono omogenee ad eccezione del 3° tiro, più atletico e con un delicato tettino in alto.
Cima di Zocca, segnata la sommità della Torre Gisa
Punta Rasica, Parete Sud Pilastro SE

Staphilococcus 
(G.Ariu, G.Maspes, M.Motto, G.Ongaro - 18-9-97) - 200 m - 7 L
6b+ (6a obbl.) - 5 spit-fix m10 inox - soste attrezzate
portare 2 corde 50 m., 8 rinvii, molti friends di tutti i tipi
Splendida via in fessura, quasi interamente da proteggere.
Alterna diedri e fessure di ogni dimensione a brevi tratti in placca o su muri a lame.
Manlio Motto nella fessura finale di "Staphilococcus", prima salita

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