Mi è sempre piaciuto il Sasso Nero, un insieme di quinte e torri rocciose sempre di ottima roccia e sempre lontano dalla civiltà. Nel corso degli anni diverse vie nuove, tutte in stile tradizionale e con diversi compagni.
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| I pilastri della parete Est, sullo sfondo il Monte Disgrazia | 
VIA DEL MAGNAN (2001)
Brullo e cupo, nero e selvaggio, quanti aggettivi si potrebbero                 sprecare per questa possente montagna che pare difendere con la                 sua tozza mole il gruppo del Bernina. Il Sasso Nero è uno dei                 migliori belvederi della Valmalenco, quel punto ideale dove                 tutto il massiccio montuoso può essere immortalato in una di                 quelle lunghissime fotografie sponsorizzate dalle banche e che                 spesso compaiono sui muri delle nostre case. Sasso Nero anche                 come montagna degli altipiani, senza una vera vetta svettante e                 ripida, come ognuno di noi ha nel proprio immaginario di una                 “cima”. Dalla strada che sale alle dighe di Campo Moro,                 negli ultimi tempi guardavo in lontananza il Vallone di                 Scerscen, verso quel versante della montagna che mai era stato                 descritto in nessuna guida e probabilmente era stato solo                 “assaggiato” in certi suoi tratti da qualche cacciatore un                 po’ alpinista. La parete Est, una complessa muraglia rocciosa                 formata da pilastri di roccia nera, cenge sospese, inquietanti                 anfratti e grossi massi. Nulla di particolarmente invitante per                 l’arrampicatore tipo dell’anno duemila, ora alla ricerca del                 puro piacere di scalare belle ed accessibili pareti su bella                 roccia e con belle protezioni sicure. Andare al Sasso Nero dal                 Vallone di Scerscen, su per quella paretona scura, voleva dire                 tornare un po' indietro nel tempo ed allacciarsi così ad un                 alpinismo che più classico non ce n'è. Per questo ho                 faticato non poco a trovare un compagno di cordata che si                 fidasse delle mie previsioni ottimistiche (“secondo me la                 roccia è bella…”) e non poche volte pensavo di andarci da                 solo, per assaporare in completa autonomia una giornata di vera                 scoperta sulle montagne sopra casa. Alla fine, in extremis, è                 bastata una telefonata a quell’instancabile del Roberto                 Agnelli, eclettico arrampicatore a caccia di nuove esperienze:                 “Sei libero domani? Prendi solo l’imbragatura, le tue                 scarpette e il casco, il resto lo porto io. Ah, dimenticavo, un                 martello in più non sarebbe di troppo…”.                 
                   Un                 cappuccino alle 7.30 a Franscia, alle 8 scendiamo dall’auto a                 Campo Moro e infine partiamo in una giornata tipicamente calda                 come tutto il passato mese di agosto ci ha regalato. Oltre                 l’Alpe Musella comincio a fantasticare ad alta voce su quello                 che oggi ci verrà incontro. E’ per me la prima volta che                 entro nel Vallone di Scerscen e l’aspettativa non viene delusa                 dalla realtà. Un paesaggio brullo ma affascinante mi ricorda                 tanto le vallate del lontano Pakistan, tutte scure e rocciose,                 con il turbolento torrente che scorre nel fondo della valle.                 Roberto è venuto qui spesso a caccia di genepy ma forse è la                 prima volta che sbircia la parete che abbiamo sopra la nostra                 testa, all’altezza delle vecchie miniere sul fondo del vallone                 e poco dopo il primo ponte sul torrente. Individuata la linea più                 elegante della parete, cominciamo a salire per terreno                 sconosciuto lungo uno zoccolo roccioso che si alterna ad alcune                 fasce erbose, senza legarci e mirando verso la base della nostra                 ipotetica via di salita. Quando arriviamo alla base delle vere                 rocce la scommessa con l’amico milanese che non voleva                 seguirmi è già vinta: roccia bella, compatta, rossa e nera,                 yes!
                   La                 giornata va via lentamente mentre saliamo tiro dopo tiro tutta                 questa via che ci stiamo inventando per ogni metro, in direzione                 dell’invitante e più verticale torre sommitale che ci regalerà                 un’arrampicata veramente estetica. Cinque ore più tardi                 abbiamo lasciato la nostra traccia impressa nella roccia, una                 invisibile linea che dedichiamo al “Magnan” (chiedere ai                 valligiani il vero significato). Sulla vetta dell’anticima del                 Sasso Nero lo sguardo sul Bernina viene presto distolto dal                 sottostante Rifugio Marinelli, la nostra vera meta odierna che                 raggiungeremo solo poco prima di cena, dopo 5 ore di saliscendi. 
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| Via del Magnan, con Roberto Agnelli, 2001 | 
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| Via Agnelli-Colombo-Maspes (2002) | 
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| Con Alessandra Gianatti, 2003 | 
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| "Ripidolite", con Giuseppe Miotti, 2003 | 
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| Nel diedro di "Ripidolite" | 
TORRE W SASSO NERO
GIANATTI-MASPES
Luca Maspes – Alessandra Gianatti, 12/6/2003
200 m
VI+
Solo chiodi
E' la prima ascensione di questa torre lungo la sua parete Sud.
SASSO NERO
RIPIDOLITE
Luca Maspes – Giuseppe Miotti, 16/9/2003
350 m
VI+/VII-
Solo chiodi
Via classica e varia, prima salita della parete Sud del Sasso Nero.
TORRE SUD SASSO NERO
ALI' IL CHIMICO
Luca Maspes – Alessandra Gianatti, 23/8/2003
300 m
VI/VI+
Solo chiodi
Placconate stile Val di Mello poco proteggibili.
| In solitaria e prima salita su "Malenconia", sotto il "muro Zoia" (tiro fatto in autoassicurazione)  | 
MALENCONIA (2006)
A fine agosto mi arriva in casa un malinconico richiamo dal gruppo del Bernina, dove tre o quattro anni fa avevo iniziato da solo una via sull'invitante ultimo pilastro del versante Est del Sasso Nero. Senza compagni anche stavolta - tutti impegnati - parto di notte in auto da San Martino e sono nel Vallone di Scerscen all'alba. Autoassicurandomi sul terzo tiro e più sopra per alcuni tratti con le daisy chain nei passaggi che parevano più difficili, scalo per tre ore e 500 metri di serpentino eccellente. In basso un muro senza interruzioni per 200 metri e in alto tante simil-falesie una sopra l'altra con belle cenge alla base. Boulder che diventavano highball e finivano solitarie. Difficoltà incontrate fino al VII di blocco (esiste?) e la chiamo “MALENCONIA”.









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