(dal diario della spedizione)
C'è odore di summit day nel Chogolisa.
Più della metà del team è infatti all'opera sui suoi problemi verticali. Ongaro e Bellin si svegliano nel portaledge e cominciano il loro terzo giorno sul Capucin mentre quelli del pilastro dello Scudo decidono di partire molto presto per finire la via che sta durando troppo.
Colazione alle 4.30 e alle 7 di mattina Barmasse, Maspes, Brenna e Checca Chenal sono subito al colletto in cima al primo pilastro. Da qui si ripercorrono i tiri centrali aperti il giorno precedente fino all'inizio della verticale parte finale.
Il comando passa a Brenna, deciso a proseguire la sua opera di apprendimento del mondo alpinistico. E' il suo secondo tiro che apre da capocordata su questa via e i 60 metri che lo aspettano sono di quelli giusti per imparare a far tutto: un violento boulder d'entrata, fessure cieche e terrose, roccia un po' crostosa, difficoltà a chiodare ecc. Il tutto a quasi 5000 metri, quota massima della vita per il nostro climber milanese. E' per tutto questo che perdoniamo il Cristian quando due chiodi ci passano in volo oltre le nostre teste...
Il tiro seguente è ancora per lui, ora decisamente più a suo agio nel capire questa strana e difficile roccia del Karakorum. La cima del nostro pilastro è vicina ed Hervé conclude l'opera con altri due tiri di corda difficili e anche pericolosetti, pieni di lame instabili a mò di ghigliottina su noi malcapitati. La cima della lunga e difficile via è la cresta dello Scudo del Chogolisa, dove ci si immette sullo spigolo appoggiato (probabilmente) già salito in precedenza.
E' nato il grande vione "climbing" di UP trip one, un vione che adesso è già stato mezzo preparato per una possibile ascensione in completa arrampicata libera da parte del Brenna e di qualcun'altro. L'apertura è stata complicata dalla presenza di roccia a volte scagliosa e dalle fessure cieche e chiodabili quasi esclusivamente con chiodi a lama sottili tipo knifeblade. Gli spit utilizzati un po' nella prima parte (11 spit sui tiri e qualche sosta) e poco nella seconda, solo per le due soste in uscita e per il 13° tiro salito da Cristian. Un compromesso che ci pare accettabile per creare un itinerario lunghissimo con alte difficoltà sia in apertura che per la possibile ripetizione in libera successiva.
Scendiamo nel tardo pomeriggio con una lunga serie di corde doppie che fortunatamente non si incastrano mai. Smantelliamo le corde lasciate nel canale ed un bel volo del saccone da recupero pieno di corde conclude i 6 giorni di scalata sullo Scudo del Chogolisa.
Studio della via da aprire |
Sosta 1 |
Aprendo il diedro del secondo tiro |
Secondo giorno, Brenna in jumar |
Brenna per la prima volta dal basso con il trapano |
Cartolina dal Karakorum... |
Francesca Chenal |
Hervé Barmasse chioda una sosta a metà via |
Sul tetto |
In cima al primo pilastro, terzo giorno |
Quinto giorno di scalata, in vetta a "Up & Down" |
UP & DOWN FREE
La speranza di ieri non ci tradisce. Alle 6 la volta celeste è invitante. Sveglio tutti "delicatamente" sbattendo due pentolini in alluminio fuori dalle rispettive tende, un vecchio modo di interrompere bruscamente il sonno che mi aveva insegnato un amico. Hervé infatti mi maledice in tante lingue, lui e Pagno possono partire più tardi di noi, quindi magari voleva dormire un po'?
Saliamo in 3 verso lo Scudo, la cordata Brenna-Ongaro ed il sottoscritto che risalirà davanti a loro la corda statica armato di videocamera. Il tentativo è ormai un po' che l'annunciamo, Cristian vuole ripetere "all free" e tutto da capocordata questi 800 metri di rognoso granito. Con lui c'è quello che considero uno tra i più esperti arrampicatori da grande parete, il "minimizzatore" Ongaro che per ogni evenienza sa che cosa fare. Oggi dietro a Cristian dovrà salire il più velocemente possibile infischiandosene di arrampicare o tirare i chiodi. L'importanza sua sarà la rapidità.
Ore 7.30. Roccia fresca perché il sole non c'é ancora. Cristian comincia la cavalcata e subito l'arte viene messa a dura prova dal secondo tiro di corda, un diedro arrotondato e svasato che si sa già sarà uno dei tiri chiave della via. Aprirlo la prima volta era stato un lavoro certosino di chiodatura sottile a cui avevo aggiunto 3 spit per rendere meno pericolosa la futura libera. Tutta la via è stata concepita così, a metà tra l'alpinismo classico e la sua variante più sportiva. Noi ci eravamo divertiti (e impegnati) ad aprirla, adesso vorremmo che si divertisse Brenna e la sua straordinaria abilità arrampicatoria. Cristian sale sbuffando come un leone e rende chiara l'idea che riscaldarsi al mattino su questi gradi e a quest'altezza non è da tutti. Esce in sosta affiancato dalla mia videocamera. Da qui per 3 tiri di corda si prosegue sullo spigolo sospeso, una sorta di linea confinante tra un liscio placcone roccioso e gli strapiombi rossi sulla destra.
Primi 50 metri insidiosi seguiti da un altro tiro di corda da sbuffo che si chiude in una fessura che aveva fatto tribolare Brenna durante l'apertura (gli mancava il friend giusto). Al 52esimo metro di questo lungo tiro, ormai sul facile, una scivolata del piede per poco non rispedisce Brenna di sotto. Ridacchiamo insieme in sosta mentre Giovanni viene su da secondo come un razzo. L'inizio del quinto tiro è un match. Per due volte Cristian rischia il voletto e per due volte lo evita con una pressione di mani in opposizione, quasi volesse divaricare la fessurina che ha davanti agli occhi. Due svarioni che potevano costare il doversi calare e ripartire ancora sul tiro dal principio per salirlo "pulito" (queste sono le regole di oggi...). E poi c'è il tetto, il famigerato tetto che Brenna ha praticamente liberato ieri e che ha il più difficile passaggio singolo della via. Un lancetto in partenza, due prese insignificanti e un colpo d'equilibrio finale per prendere la fessura rovescia del tetto.
Poi si traversa in dulfer rovescia maledicendo il fiatone che attanaglia. Dopo un sorso di reintegratori Cristian se lo mangia al primo tentativo. Hervé e Pagno intanto arrivano dall'alto. Hanno risalito il canale fino alla cima del primo pilastro e da qui si sono calati sulla via. Unendo me e loro diventiamo due videocamere e una macchina fotografica, la giornata è assolutamente da imprimere nel digitale.
Il settimo tiro che aveva aperto proprio Hervé è un'inaspettata "rogna" e impegna il nostro climber per un bel po'. Non l'aveva mai provato in precedenza, solo ripulito da quel po' di terra che spesso intasa le fessure del Karakorum. Ci vuole una buona mezz'ora per decifrare bene questi 55 metri di tiro. Comunque si va ancora.
Il primo pilastro è andato e Cristian lo svalica a piedi nudi, le precise scarpette d'arrampicata fanno giò male. Sono passate più di 5 ore di scalata mai sotto il buon vecchio settimo grado e quasi sempre vicino al nono grado, rimodernizzato in 7b/7c.
I due team si separano. Giò e Cristian proseguono verso la cima mentre io, Hervé e Pagno ci caleremo sul pilastro a rimuovere la corda statica che ci ha permesso questo "su e giù" continuo, sia nei giorni di apertura della via sia nella fase della sua "mediatizzazione" (oggi e ieri). Alle 14 siamo sul fantastico prato alla base della parete e in alto vediamo i nostri due amici appena oltre la più facile zona centrale della parete. Punto la videocamera al massimo dello zoom e guardo Cristian negli "alpinistici" tiri sommitali. Lo inquadro nel diedro che aveva aperto lui stesso, probabilmente il tiro più difficile della parte superiore di "Up & Down". Va su piano, lo immagino bello stanco dopo 600 metri di parete con queste difficoltò. Piano ma inesorabile. Spengo la videocamera quando arriva in sosta e scendo verso il campo base. Ormai alle 17 guardo su con il bonocolo il punto in qui i due dovrebbero uscire dalla parete. Contemporaneamente arriva un chiaro urlo dall'alto, il, segnale che sancisce il bel successo di oggi. Hanno finito, adesso li aspettiamo per cena. Menù non a scelta: polenta gialla e l'ultimo cartoccio di vino che abbiamo tenuto per quest'altro importante UP moment.
Domani si riposa.
Brenna libera il secondo tiro (7b) |
Brenna e Ongaro alla sosta sotto il tetto (7c) |
Il tiro dopo il tetto (7a+) |
Filmaker e fotografi per la salita di Brenna e Ongaro |
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